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Questa è la prima domanda che mi viene posta dai pazienti che praticano sport e che vengono sottoposti ad un intervento di ricostruzione del legamento crociato anteriore. Purtroppo non è facile dare una risposta a questo quesito e sarebbe azzardato basarsi esclusivamente sui tempi biologici e chirurgici suggeriti dalla letteratura scientifica.
La risposta eticamente più corretta è: ‘’dipende’’.
Dipende infatti se si è motivati, se si dedica tempo alla riabilitazione, se si è seguiti correttamente, dipende dall’età del paziente, dalla forza e dalla qualità delle strutture muscolo-scheletriche.
Non è la risposta che tutti vorrebbero sentirsi dire, ma purtroppo non possiamo fare il paragone sui tempi di recupero di chi pratica sport a livello professionistico. Un calciatore di serie A parte da una condizione fisica estremamente efficiente, viene seguito da un team di medici, fisioterapisti, dietisti e preparatori atletici praticamente 24 ore al giorno, hanno pressioni importanti che li spingono ad accelerare i tempi di recupero ed inoltre, cosa non meno importante, vengono pagati per fare riabilitazione.
I fattori psico-sociali sono fondamentali per la buona riuscita del recupero.
Se vogliamo citare alcune percentuali, solo l’80% dei pazienti ritorna ad effettuare una qualche forma di sport dopo una rottura del legamento crociato anteriore, solo il 65% di questi ritornano ad effettuare sport allo stesso livello di prima e solamente il 55% ritorna allo sport a livello competitivo nel primo/secondo anno dopo la rottura del legamento.
Esporsi con un atleta sui tempi di recupero in modo preciso è assolutamente un azzardo, esistono, infatti, troppe variabili che possono influenzare il recupero e non sono direttamente correlate all’intervento e alla riabilitazione. Sappiamo, grazie agli studi st

 

atistici, che ogni mese in più di attesa alla ripresa dell’attività sportiva, riduce il rischio di re-infortunio del 51%.
Esistono dei precisi criteri e test che vanno somministrati ad un atleta, per valutare l’idoneità al rientro in campo. Questo non significa che rispettando questi criteri non esistano rischi di re-infortunio, ma sicuramente la percentuale di ricaduta cresce drasticamente se non si rispettano questi criteri e i tempi di recupero.
Ha inoltre senso somministrare questi tests dopo una sessione di allenamento, in uno stato di fatica, condizione in cui aumentano i rischi di infortunio.
E’ evidente come la complessità dei fattori e il rischio di re-infortunio necessitino di una supervisione da parte di un professionista della riabilitazione e non sia sufficiente basare il proprio recupero sul rinforzo muscolare e decidere i tempi in base alla sola ‘’sensazione’’ dell’atleta.
FisioRehab – dott. Simone Muggianu