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Negli ultimi anni sono state numerose le pubblicazioni riguardo l’argomento cadenza nella corsa, quasi tutti sono concordi sulla correlazione esistente tra frequenza del passo e il rischio di infortunio.
Sappiamo qual è la cadenza ideale per un runner?
Si tratta di un dato che varia in base alle caratteristiche fisiche di ognuno di noi. Possiamo però riferirci ad una media che si aggira intorno alla frequenza di 180(+/-10) passi/minuto. Se vogliamo sapere quale potrebbe essere la nostra frequenza ideale possiamo effettuare un test: corriamo per un certo periodo su una superficie dura senza scarpe. In questo modo saremo obbligati a regolare la nostra cadenza in modo da ridurre al minimo l’effetto traumatico dell’impatto a terra.
L’aumento della velocità ha una qualche influenza o la cadenza deve rimanere la medesima indipendentemente dalla velocità della corsa?
E’ chiaro che aumentando la velocità, aumenterà anche la cadenza, ma è molto meno importante di quanto può essere influente un aumento della lunghezza del passo (che incide molto sullo sviluppo di problematiche muscolo-scheletriche). Sappiamo che la nostra cadenza ideale può aumentare o diminuire di 10 passi/minuto rispetto ai nostri valori medi.
Un runner professionista può correre con una cadenza di 170 o maggiore, grazie alla capacità di carico acquisita dal proprio corpo negli anni; è interessante notare come mantengano la stessa cadenza qualunque sia la distanza della gara.
Quali sono i vantaggi a livello di performance aumentando la cadenza a 180 passi/minuto?
Nel breve – medio termine, un aumento della cadenza riduce del 3/4% il consumo di O2 e aumenta la performance nella maggior parte dei runner. Nel lungo termine, la performance può comunque migliorare (minore consumo di O2 alla stessa velocità di corsa), aumentando l’economia della corsa stessa (aumentando il ritorno elastico, diminuendo il lavoro muscolare, diminuendo lo spostamento verticale…)
Quanto la cadenza può influire sulla prevenzione degli infortuni?
L’aumento della cadenza riduce il carico articolare su ginocchia, anche e schiena. Inoltre può ridurre l’oscillazione verticale durante la corsa, fattore correlato con lo sviluppo di maggior forze di reazione dal terreno e conseguentemente un aumento di infortuni rilevabile statisticamente in letteratura scientifica.
Come può, una bassa cadenza, essere dannosa sia per quanto riguarda gli infortuni sia per la prestazione?
Chi pratica il running a livello amatoriale, mostra una cadenza tra i 140 e 160 passi/minuto, aumentando così la frenata durante l’appoggio del piede, incrementato l’angolo di appoggio del tallone e aumentando l’oscillazione verticale. Fattori che influenzano le forze traumatiche, ma peggiorano anche la performance.
E’ difficile modificare la cadenza?
In realtà è molto semplice. Si può lavorare volontariamente correggendo la lunghezza del passo o percependo un aumento della frequenza dei passi sul terreno. Correre scalzi o con scarpe minimaliste possono essere dei sistemi per aumentare la cadenza. Naturalmente queste ultime due modalità non possono essere attuate senza un periodo di transizione che permetta di adattare il piede ad una scarpa così differente.
Altro sulla cadenza?
Negli ultima anni la cadenza nei runner amatoriali è  diminuita intorno ad una media di 155. Che sia colpa di scarpe sempre più ingombranti e spesse?
FisioRehab – Dott. Simone Muggianu
Argomenti, dati e statistiche tratte dalla Clinica del Running – https://therunningclinic.com/en/